Una frenetica innovazione che deve poggiare
su solide basi umane

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Che cosa sarà del mondo, in generale? Questa è la domanda che molti si pongono in conseguenza della quotidiana frenetica evoluzione di cui siamo tutti parte.
Ma la soluzione richiederà dure battaglie, perché la storia ci insegna che raggiungere la semplicità è sempre la cosa più difficile.
Siamo stati per un lunghissimo periodo sul piano del lavoro manuale, siamo ora su quello della tecnica scientifica, ma nulla di umano è fondamentalmente cambiato.
Dobbiamo quindi lavorare su un piano superiore per costruire qualcosa di nuovo rifacendoci a presupposti umani, eterni.
Già alcuni decenni or sono un illuminato ma spaventato James Alfred Ewing descriveva così l’evoluzione alla quale stava assistendo:

 “Mi sono accorto che l’abbondanza di idee e di prodotti di cui gli ingegneri han fatto dono all’umanità è stata oggetto di abusi, e che questa abbondanza è servita alle nazioni unicamente per procurarsi mezzi di distruzione incomparabilmente più potenti e crudeli che non fossero quelli già conosciuti. […] Noi abbiamo forse dimenticato, nel nostro fervido desiderio di far progredire la tecnica, che il progresso morale era ben lontano dal poter procedere a pari passo con il progresso materiale... Non consegue forse da questo il dovere, per la classe dirigente, di aver somma cura dell’educazione del criterio e della coscienza; di promuovere lo sviluppo di una coscienza morale e di un senso di responsabilità politica; di diffondere il precetto divino che impone di non fare agli altri ciò che non desideriamo sia fatto a noi stessi? È questo un compito intorno al quale tutte le nazioni, anche le più progredite, hanno ancora molto da apprendere...”

A queste profonde parole faceva eco Ludwig Erhard: “Sembra che il valore futuro più alto della tecnica e dell’industria debba consistere nel sollevare gradualmente dalla lotta per l’esistenza di tutti contro tutti a quella sfera di collaborazione e di aiuto scambievole di cui la biologia ci offre esempio nella simbiosi”.


Ewing e Erhard, come molti altri raffinati pensatori, esperti di macroeconomia e politica internazionale, cercavano di comunicare a tutti che nell’epoca della rivoluzione industriale in un momento ove tutto veniva travolto da un’evoluzione inarrestabile era fondamentale tracciare la direzione.
Oggi noi viviamo certamente un momento storico ed evolutivo analogo per intensità e proporzioni, se possibile reso ancor più complesso dalla velocità con la quale i cambiamenti avvengono.
La terra si rimpicciolisce a vista d’occhio, i destini dell’umanità si fondono e questa fusione si opera attraverso una lotta selvaggia che minaccia, e spesso annienta, la felicità di milioni di uomini.

Le promesse sono grandi quanto i pericoli. Molto dipende dal nostro atteggiamento e dal nostro lavoro, ma soprattutto dalla nostra visione.
D’altra parte, accanto alle condizioni più moderne e alle sfide più inusitate si pongono ancora i vecchi problemi umani a cui fa riferimento Manfred Schroter in una sua memoria: “Finché ci saranno uomini, sulla terra, le conquiste della tecnica non saranno abbandonate. La tecnica delle macchine è divenuta un possesso definitivo dell’umanità, con il quale l’umanità deve trovare un accordo”.

Il futuro dovrà essere quindi collaborazione, secondo un’azione comune dell’umanità intera, in base a leggi rinnovate di un mondo le cui possibilità eccedono la nostra immaginazione.

Di queste e di molte altre cose dobbiamo essere consapevoli, poiché dobbiamo, per così dire, prendere il nostro cuore in mano, e riconoscere che, nonostante tutta la nostra magia, abbiamo ancora bisogno di poggiare i piedi sulla nostra vecchia terra, e che siamo rimasti uomini.